Il caos by Pasolini Pier Paolo

Il caos by Pasolini Pier Paolo

autore:Pasolini Pier Paolo [Paolo, Pasolini Pier]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
editore: Editori Riuniti
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


n. 11 a. XXXI, 15 marzo 1969

Una trasformazione sacrilega (4)

Kaiseri è l'antica Cesarea (quella di Cappadocia). Vi si arriva attraverso una grande valle, desertica, con in fondo un lago dimenticato, e intorno rade montagne violette, regolari, con declivi molto dolci che si perdono insensibilmente nella valle la cui terra è resa oscura dalla pioggia.

Compare prima a destra una grande fabbrica, nuova, ma già invecchiata e un po' franante, e a sinistra, il villaggio costruito per gli operai della fabbrica: tante casette di tutti i colori contro il declivio di una collina, come nelle illustrazioni dei libri di fiabe di fate povere. E va bene. Gli operai possono anche vivere in questo buffo villaggio, si sa. Poi si para davanti agli occhi la città. Si tratta pur sempre di Cesarea, anche se oggi non è che il capoluogo di un distretto nel centro dell'Anatolia. Io mi ricordo di San Paolo, e le sue lettere mi sembrano scritte ieri. Meno amore ho per il "Caesar" (non so quale, lo confesso) che ne fu il fondatore, o per tutti gli altri "Kaiser" che l'hanno poi tenuta, dai Selgiucidi ai Turcomanni. Sono essi che l'hanno ridotta a quella città miserabile, medioevale, levantina, che mi immagino di star per visitare. Sento già l'odor di spezie e grasso nei vicoli fumiganti, brulicanti di povera gente che non si sa come viva: pulviscolo destinato a fissarsi e a essere catalogato, poi - nella terra oscura, percorsa dai pastori - da brulicanti ma immobili distese di piccole pietre. Invece, percorso un vialone a doppia carreggiata, con case moderne e caserme, qualche distributore di benzina, file di gente per i marciapiedi un po' sconnessi, vestita di scuro, coi calzoni e i soprabiti corti di taglio vagamente parigino, ecco comparire, dietro un piazzale, la piccola città. Kaiseri è stata, visibilmente, rasa al suolo poche settimane o mesi fa; ed è stata completamente ricostruita sulle rovine dei suoi vicoli, che compaiono ancora, come monconi, qua e là, tra il cemento e le vetrate. Al centro, il forte con le mura di cinta romane racchiude un vecchio "suck" dove si vendono esclusivamente oggetti di plastica, confezioni in serie (oltre, naturalmente, ai formaggi e ai cereali). Da Kaiseri ad Ankara ci sono tre o quattro ore di macchina, attraverso la Cappadocia deserta, coi suoi benzinai. Ankara è una metropoli in costruzione, con grattacieli che dentellano la capricciosa pianura sotto la vecchia montagna dove sorgeva l'antica Ancira, e ancora sorge, in tutte le sue stratificazioni: due fila di mura di cinta, antiche e medioevali, il suck, il cafarnao. Ma è lontana, separata, fumigante. Ankara è ormai una specie di Manhattan, dispersa e frammentaria, nuova di zecca sul fango.

Da Ankara a Roma ci sono tre o quattro ore di aeroplano. Giungo a Roma. L'Eur, il viale Cristoforo Colombo, la Garbatella ricostruita in parte in stile neocapitalistico, ecc'. La differenza tra la nuova Roma e la nuova Ankara consiste soltanto nel fatto che Ankara è più nuova, e ha appunto come modello Manhattan. Ma sia la



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